La ricarica sarà veloce, automatica e senza fili





La ricarica è, accanto al prezzo delle auto, uno dei problemi più spinosi per lo sviluppo della mobilità elettrica. Ecco perché si lavora a sistemi diversi dai classici cavo, presa e spina. L’alternativa più “calda” è la ricarica wireless, statica o dinamica.

La prima prevede l’installazione di piastre sulle quali parcheggiare le vetture in modo da effettuare la ricarica. Bmw è l’unico costruttore a proporla (non per l’Italia), sulla BMW 530e e ha una potenza di 3,2 kW, dunque bassa e adatta ad un utilizzo domestico per auto ibride plug-in, con batterie relativamente piccole. A Monaco tuttavia ci credono più di tutti tanto che la stanno studiando anche per le moto, con l’energia che arriva alla batteria attraverso il cavalletto appoggiato alla piastra. E la applicano in Formula E, non per le monoposto, ma per la safety car i8 e le altre vetture di servizio (i3, 530e e X5 40e) che devono essere pronte a partire istantaneamente in ogni momento. Sono rifornite con caricatori sviluppata da Halo, ex ramo d’azienda di Qualcomm ceduto a WiTriCity, spinoff del MIT di Boston.   Nel 2015 la potenza di ricarica era di 7,2 kW, ora si parla di oltre 20 kW. La Momentum Dynamics fornirà sistemi da 75 kW per i taxi a Oslo che, per legge    della Norvegia, dovranno essere tutti elettrici entro il 2023, due anni in anticipo rispetto a tutte le nuove auto vendute. L’azienda americana sta lavorando già a potenze di 200 kW e, in prospettiva parla di 450 kW. La ricarica wireless ha tre limiti: i veicoli vanno adattati, non ci sono ancora una tecnologia – induzione con contatto o campo magnetico? – o standard unici e, soprattutto, ha un rendimento inferiore del 20%. La ricarica “dinamica” prevede addirittura un adeguamento della infrastruttura stradale, con la realizzazione di corsie dedicate dotate di piastre continue annegate nell’asfalto così da permettere il rifornimento in marcia. Sono in atto sperimentazioni in vari paesi, Italia compresa, ma non si sono ancora risultati tangibili.

La McLaren pensa che la Formula 1 nel 2050 sarà elettrica e che la pitlane diventerà una corsia di ricarica dove, più lentamente si passa, maggiore è la quantità di energia rifornita. Toyota invece ha immaginato, prima che fosse introdotto per gli smartphone, il powersharing: il concept FCV Plus, presentato al Salone di Tokyo del 2015, è una fuel cell plug-in equipaggiata di piastre ad induzione laterali che permettono di scambiare energia con il veicolo parcheggiato accanto. Potrebbe essere la soluzione per il car sharing a flusso libero del futuro.

La ricarica wireless ha il pregio di essere hands-free dunque ideale per i mezzi pubblici e per le auto a guida autonoma che, in questo modo, potrebbero ricaricarsi da sole, come aspirapolvere e tosaerba.

Volkswagen ha in mente soluzioni diverse, come i robot dotati di batteria incorporata da 25 kWh che si spostano verso le vetture per ricaricarle, o colonnine   di ricarica mobili: enormi power bank da 360 kWh che potrebbero essere dislocate dove la rete è ancora lacunosa, per utilizzi temporanei, come manifestazioni, o stagionali, come in località di vacanza, magari impiegando le batterie dismesse perché hanno parte della loro capacità. Ma c’è anche un altro modo di rifornire   l’auto elettrica ed è cambiando il liquido elettrochimico all’interno della batteria, proprio come si fa con un carburante tradizionale, senza bisogno di una struttura dedicata, magari proprio presso gli attuali distributori, e in pochissimo tempo.

Il progetto di chiama Nessox acronimo di New Semi-Solid flow lithium Oxygen battery e vi sta lavorando la Bettery, una start-up nata nel 2018 presso l’Università   di Bologna. Se avessero ragione, la spina dell’auto elettrica sarebbe ancora una pompa.

Il Sole 24 Ore - Nicola Desiderio



3/2/2020